#YoSoy132: una sassata nello stagno

La nascita di una movimento é sempre repentina. All’improvviso, non si sa come e quando meno te l’aspetti, le piazze tornano a riempirsi e spuntano funghi ribelli, o quanto meno critici, un pó dovunque. É cosí anche per #YoSoy132, il movimento che da un paio di mesi a questa parte ha fatto irruzione sulla scena politica messicana, sparigliando le carte della politica istituzionale in piena campagna elettorale e -fatto ancor piú interssante, dal nostro punto di vista- dando nuovamente voce alle piazze. Cosa, quest’ultima, doppiamente lodevole, in un paese in cui 6 anni di guerra al narco e di militarizzazione del territorio hanno ridotto sensibilmente le possibilitá e i margini di agibiltá politica per i movimenti sociali. Non é infatti facile fare movimento trovandosi stretti nella morsa tra guerra e morti e desaparecidos. Sia benvenuto dunque #YoSoy132, una sassata nello stagno, una boccata d’ossigeno di cui si sentiva davvero il bisogno.

Ma come nasce questo movimento? Chi sono i protagonisti e le protagoniste di questo sforzo collettivo? Quali sono i loro obiettivi e le loro rivendicazioni? É possibile stabilire come evento scatenante la data dell’11 maggio scorso, quando Enrique Peña Nieto, candidato alla presidenza della repubblica per il PRI (il pachirdermico Partido Revolucionario Institucional al governo in Messico dal 1929 al 2000) viene duramente contestato durante la sua visita all’Universidad Iberoamericana (UIA) a Cittá del Messico. Una cosa del genere non se la immaginava nessuno, essendo l’istituzione gesuita in questione una delle piú esclusive universitá private del paese, nella quale storicamente si formano i pargoli delle famiglie dell’alta borghesia messicana; la fucina, in altri termini, della futura classe dirigente. Il candidato priista, certo del bagno di folla e delle standing ovation, viene invece duramente messo in discussione dagli studenti che, con le mani e i volti dipinti di vernice rossa, gli ricordano la sua responsabilitá nella brutale repressione a San Salvador Atenco nel 2006 (la quale é costata due morti, centinaia di fermi, torture, violenze sessuali su 26 donne, ecc..) e l’aumento del numero di femminicidi durante il suo governo nello Stato del Messico (2005/2011). Per farla breve, al contrario delle aspettative degli organizzatori dell’evento, gli studenti dell’Ibero considerano Peña Nieto un ospite indesiderato in quanto repressore e rappresentante dei poteri forti e cosí, al grido di “Fuera Peña!”, “La Ibero no te quiere!” e “Atenco no se olvida!”, lo costringono a nascondersi in un bagno, prima; e a fuggire circondato dalla sua numerosa scorta, poi (Qui uno dei tanti video della contestazione).

Nei giorni successivi all’inattesa contestazione, la maggior parte dei media nazionali ricostruiscono la vicenda in termini diffamatori: a contestare Peña Nieto sarebbero stati infiltrati e provocatori, non gli studenti dell’Uia che avrebbero invece apprezzato la visita del candidato.  All’attacco dei media mainstream rispondono 131 studenti con un video su youtube nel quale si rivendicano personalmente la cacciata di Peña, mostrando tanto di tessera universitaria affinché non ci siano dubbi sulla natura tutta studentesca e interna dell’iniziativa  Nel giro di poco tempo, il video fa il pieno di visualizzazioni e l’hashtag #YoSoy132 in solidarietá con gli studenti dell’Ibero (che significa “io sono il 132esimo”) diventa il logo del nuovo movimento.  Da qui in avanti, il movimento non smette di crescere e, utilizzando la rete e i social network inizia ad organizzarsi, lanciando una prima manifestazione alla quale, con grande sorpresa di tutti, partecipano migliaia di persone.

In seguito, il movimento si allarga alle universitá pubbliche e diventa propiamente studentesco e nazionale. Il 26 maggio, una prima assemblea generale riempie l’UNAM (Universidad Nacional Autonoma de México) di delegazioni universitarie provenienti da tutto il paese. Il movimento inizia a chiarirsi le idee e, dopo ore e ore di dibattito, si definisce apartitico ma non apolitico; dichiara di voler democratizzare il processo elettorale e di voler favorire il voto informato e critico in una societá nella quale il duopolio televisivo formato da Televisa e TvAzteca fa il bello e il cattivo tempo. Si pronuncia anche contro il neoliberismo e per un cambiamento del modello economico sociale vigente che non fa altro che riprodurre esclusione e povertá (negli ultimi 6 anni, in Messico, é aumentato di 7 milioni il numero di persone al di sotto della fatidica soglia) ed, infine, contro la classe imprenditoriale che, insieme alle televisioni, vuole imporre il ritorno del PRI alla presidenza della Repubblica. Gli studenti si dichiarano dunque contro l’imposizione di Peña Nieto, visto come l’uomo della restaurazione dell’autoritarismo priista, senza peró schierarsi con nessuno degli altri candidati (Andres Manue López Obrador, candidato del centrosinistra, Josefina Vasquez Mota, candidata di destra del PAN, il partito attualmente al potere e Gabriel Quadri, candidato di disturbo).

Un’altra manifestazione viene lanciata per il 10 giugno e vede addirittura aumentare la partecipazione cittadina. Il movimento é ormai un fenomeno sociale e suscita molto entusiasmo nella popolazione giovanile e non solo. Le iniziative si moltiplicano in tutto il paese, tanto che é difficile tenerne il conto. Le piú significative sono state l’organizzazione di un dibattito con i candidati alla presidenza della repubblica (al quale EPN, per evitare domande indiscrete, non ha preso parte) diffuso in streaming, con il quale si é cercato di produrre informazione in maniera autonoma; e un partecipatissimo megaevento politico-culturale nello Zocalo, la piazza centrale di Cittá del Messico, sabato scorso, al quale hanno partecipato artisti di ogni genere e gruppi musicali come il Panteón Rococó e Los de Abajo. Domenica, infine, c’é stata la terza grande manifestazione che ha confermato la forza e la vitalitá di questo movimento ad una settimana dalla scadenza elettorale. Sono previste, inoltre, svariate iniziative prima del voto di domenica prossima, all’interno della campagna “6 giorni per salvare il Messico”, la cui finalitá é quella di evitare la vittoria di Peña Nieto ed eventuali brogli elettorali (qui il video che lancia la campagna). Insomma, si prevedono giornate alquanto dinamiche, soprattutto perché esistono molti dubbi, nel movimento e non solo, sulla regolaritá del voto di domenica, tanto che uno degli slogan piú sentiti nelle marce avvisa che “si hay imposición, habrá revolución”, il che, al di lá della volontá effettiva della persona che grida lo slogan, rende l’idea di una certa sfiducia e di un certo clima sociale.

Per quanto riguarda la composizione del movimento, il dato che salta agli occhi immediatamente é quello generazionale. #YoSoy132 é un movimento giovanile e studentesco, soprattutto universitario. Per molti e molte, le moltitudinarie marce di questi giorni rappresentano infatti le prime entusiasmanti manifestazioni, la scoperta che non si é soli nella critica. Stiamo parlando cioé  dell’irruzione di una nuova generazione sulla scena della mobilitazione sociale e politica del Messico. Irruzione determinata anche dall’imminente scadenza elettorale (per molti, in effetti, é anche la prima volta alle urne) e dal rifiuto del tentativo da parte dei poteri forti messicani di imporre Peña Nieto per mantenere i prorpi prvilegi. Esiste quindi, prima di tutto, l’esigenza di una democrazia reale.  #YoSoy132 lotta cioé perché il voto di luglio non sia l’ennesima burla per il popolo messicano, giá vittima di brogli nel passato recente.

D’altra parte, da un punto di vista sociale, stiamo assistendo alla presa di parola del futuro cognitariato metropolitano, dei futuri precari del lavoro immateriale che esprimono il malessere sociale di milioni di  giovani messicani che si oppongono, quí come altrove, a chi vuole imporgli un futuro di precarietá ed insicurezza. E che sono spesso costretti, magari dopo aver fatto un master o un dottorato, a lavorare come autisti di un taxi altrui, o come impiegati (sottopagati) di una qualche agenzia governativa, o come camerieri che vivono di mance. In questo senso, quella che i media  hanno chiamato la primavera messicana, non é molto differente dalle rivolte nordafricane o dai riot europei. In ballo, in fin dei conti, c’é sempre il futuro di una generazione che reclama diritti.

Le manifestazioni di #YoSoy132 sono molto colorate e -primo elemento d’interesse e di novitá- non seguono la logica tradizionale dei cortei a Cittá del Messico. Innanzitutto, per quanto riguarda il percorso, il quale viene seguito al contrario, nel senso che i cortei iniziano allo Zocalo (dove solitamente finiscono) e terminano al Ángel de la Independencia (dove normalmente iniziano). Insomma, é come se a Milano si iniziasse in Duomo e si finisse in Loreto. Tutto ció, per dare il senso di una continuitá con  i movimenti del passato (ai quali comunque dicono di fare riferimento, considerandosi i continuatori delle lotte precedenti), ma anche per marcare una differenza, una propria originalitá. Altro elemento che caratterizza le manifestazioni di#YoSoy132 é la creativitá dei partecipanti, la stragrande maggioranza dei quali, infatti, si presenta in corteo con magliette o cartelli autoprodotti con slogan piú o meno fantasiosi ed azzeccati, ma anche con maschere, televisioni di cartone, mostri di cartapesta che rappresentano Peña Nieto, Salinas de Gortari, le multinazionali ecc, insomma, colpisce la maggiore partecipazione delle singolaritá rispetto ai gruppi organizzati. Anche musicisti e artisti di ogni genere colorano i cortei che finiscono (altra differenza rispetto alle marce classiche) senza comizi né interviste al leader di turno (dato che non ce ne sono), ma con una sorta di festa finale in cui si cantano slogan, si suona, si balla, ci si applaude reciprocamente fino a che qualcuno non decide di fare ancora qualche passo e raggiungere la non lontana sede di Televisa e chiudere cosí il corteo.

I cortei del movimento, sono sempre molto compositi. Partecipano sempre contingenti delle facoltá di tutte le universitá pubbliche e private, il Frente de Puebo en Defensa de la Tierra di Atenco (che non manca mai quando si tratta di dimostrare solidarietá e complicitá con tutto ció che si muove), tutto il variegato mondo dei collettivi, dei gruppi organizzati e dell’associazionismo, nonché i simpatizzanti del candidato di centrosinistra, lo SME (il sindacato degli eletricisti) ed altre organizzazioni, ma ció che colpisce di piú, oltre la componente giovanile di cui abbiamo giá detto, é la partecipazione di intere famiglie che preferiscono il corteo alla gita domenicale.

Va inoltre sottolineata la grande solidarietá che il movimento riscuote durante le manifestazioni. Sono tantissimi, infatti, i passanti e perfino gli automobilisti in fila (cosa alquanto rara normalmente) che suonano il clackson, alzano il pugno o battono le mani in segno di apprezzamento e di sostegno. #YoSoy132 non é solo. Non lo é perché ha sollevato un’esigenza di democrazia reale e di partecipazione vera che é comune a molti altri nel Paese e perché é riuscito a rendere palese lo starpotere dei media, esprimendo un disagio tendenzialmente generalizzato, quello che si produce in chiunque, guardando la TV, ascoltando la radio o leggendo un giornale, senta stridere la realtá vissuta quotidianamente con il racconto tendenzioso e interessato fatto dai media mainstream.

É difficile fare pronostici sulle prospettive del movimento. Per ora, anche dato il contesto immediato, (l’imminenza del voto e la sfacciataggine dei media) il movimento si é focalizzato soprattutto sull’esigenza di democratizzare il processo elttorale e di riformare il sistema informativo del paese. Tuttavia, a partire dalle diverse assemblee generali, che insieme alle reti sociali costituiscono le forme in cui si dá il diattito all’interno di #YoSoy132, il movimento ha iniziato ad ampliare i suoi orizzonti al di lá del recinto elettorale, proponendosi altri obiettivi come la trasformazione del modello economico e sociale, il cambiamento del sistema educativo e la fine della militarizzazione del paese determinata dalla guerra al narco, che ha prodotto fin’ora 60 mila morti. Inolte, #YoSoy132 si propone di costruire alleanze con altri importanti movimenti sociali del paese: dagli indigeni alle donne, dai contadini agli attivisti per il rispetto dei diritti umani, dai minatori al movimento LGBT.

Insomma, #YoSoy132 pare non volersi fermare e la sua entrata in scena sembra aver contagiato di nuove speranze l’intero paese. Per il momento, si tratta di vedere cosa succederá domenica prossima, quando milioni di messicani si recheranno alle urne per eleggere il nuovo presidente. Sará possibile evitare l’imposizione? E inoltre, cosa succederá il giorno dopo? Risposte, ovviamente, non ne abbiamo, possiamo solo dire che si preannunciano settimane di una qualche effervescenza.

Il seguente testo, con alcune variazioni, é uscito su   MilanoX

 

 

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